martedì 29 ottobre 2013

SILVIA IORIO | Expanding on The Expansion of the Universe | GALLERIA IL SEGNO | Roma, IT



Curatela: Silvia Litardi
Vernissage: Martedì 22 Maggio 2012 - Ore 18:00 
Apertura al Pubblico: 23 Maggio 2012 - 22 Luglio 2012
GALLERIA IL SEGNO: Via Capo Le Case 4, 00187, Roma, IT


Galleria Il Segno è lieta di annunciare la mostra personale di Silvia Iorio. L'artista prende in esame fenomeni ed eventi attuali scientificamente rilevanti e li manifesta in una dimensione concettuale e lirica. La mostra romana - Expanding on the expansion of the Universe - è l'esaltazione della narrazione di un viaggio mentale attraverso l'Universo ed il suo espandersi dove Odysseia, Charta, Alea e Infinitum sono le serie di lavori che rappresentano lo sviluppo estetico e formale cui l'artista è dedita da oltre tre anni. Gli ambienti della galleria si trasformano in un centro di osservazione astronomica in cui entrare in comunicazione con l'espandersi dello Spazio siderale: si inizia con Infinitum, 8 carte e uno specchio, sintesi grafica degli 8 minuti che un raggio di Sole impiega ad arrivare sulla Terra. A tale regolarità formale succede l'ambiente centrale, il cuore spaziale con l'installazione Odysseia, una miriade di acquerelli e luce di dimensioni diverse: dai più piccoli, come pulviscolo stellare, fino a quelli di grande dimensione, accendono un'improvvisa convulsione nell'andamento parossistico del racconto. E' lontana anche la luce delle stelle nelle carte blu monocrome della serie Charta, Universi primigeni che si accompagnano, nell'ultima sala, alle sculture olografiche, Alea, per suggerire un'origine immateriale ed intangibile dell’Universo attraverso l’uso di meteoriti che l’artista definisce “dadi astrali”. L’esposizione personale presso la Galleria Il Segno e la mostra collettiva Re-generation, che avrà luogo a Giugno al MACRO, sono le due occasioni a Roma dove giungerà Odysseia, il grande viaggio della Luce nello Spazio e nel Tempo a distanza di un anno luce dalla stazione tedesca. L’evento, che ha avuto inizio nel Maggio 2010 a Londra, in occasione della mostra Sorry, We Are Open! presso la London Metropolitan University in collaborazione con la Whitechapel Gallery, prevedeva che, la sera dell’opening, i visitatori venissero invitati a premere arbitrariamente alcuni interruttori collocati su una parete composta da centinaia di interruttori della luce con differenti cromie. Quella notte, il gesto di attivazione del pubblico mise in moto una serie di impulsi elettromagnetici, i quali – compiuto il viaggio concettuale di un anno nello spazio - approdarono sulla Terra sotto forma di totem luminosi, un anno dopo, Maggio 2011, a Berlino, presso la Galerie Mario Iannelli, accendendosi e spegnendosi nell’esatta sequenza in cui vennero attivati o disattivati un anno prima. Come foto della NASA, la serie numerata di "acquerelli e luce" contempla l'attraversamento luminoso dello spazio siderale, interminabilmente lontano dalla percezione umana cosciente e, al tempo stesso, totalmente interiorizzato da risultare impercettibile. Con Odysseia si sostanzia il problema centrale dell'interconnessione tra eventi reali non esperibili simultaneamente: impossibilità percettiva capace di cedere il passo ad infinite possibilità estetiche.




UNIVERSO CIECO 
Testo: Silvia Litardi


Dovrebbe essere collocata una targa sulla porta d'entrata della Galleria Il Segno, un monito (o invito?) che reciterebbe così: "Se volete vedere bisogna che prepariate la vista: abituate gli occhi alla penombra, strizzate le palpebre avvicinando ciglia inferiori e superiori, dilatate le pupille. Solo così si schiuderanno vaste praterie planetarie e si allineeranno immense quantità di tempo". Lasciando per un attimo alle spalle i grandi temi della Scienza presenti da sempre nel lavoro di Silvia Iorio ci si ritroverà di fronte al moto perenne dell'Universo in quanto spazio fluttuante e alla luce che lo attraversa: immersi nel viaggio della luce nello spazio-tempo, dal blu plumbeo dei cieli primigeni da cui tutto ha origine (Serie Charta) alla luce solare che incontra la Terra (Serie Infinitum); ma cos'è il discorso sulla luce se non un grande meta-racconto sulla natura dell'immagine?: ogni immagine estrae qualcosa, un'intimità, una forza. E per estrarla, la sottrae all'omogeneità, la distrae, la distingue, la stacca e la getta in avanti [1]. I bagliori che attraversano i cieli di Odysseia gettano avanti il buio, lo buttano verso di noi e strillano l'infinità dimensionale del Cosmo: sono come le mani di un cieco che tastano lo spazio dinnanzi, gli danno concretezza volumetrica: la mano si protende per prevenire la caduta, ossia il casus, l'accidente; ne commemora in tal modo la possibilità, conserva nella memoria l'accidente. Una mano è la memoria stessa dell'accidente [2]. La luce-vettore squarcia la bidimensionalità, apre lo spazio euclideo, lo rende proiettivo muovendo sull'asse temporale il soggetto e riproponendo incessantemente una combinazione di qui e ora. 




"Expanding on the Expansion of the Universe", il titolo scelto dall'artista per la mostra, dice di un moto incrementale e di un'interconnessione di spazitempi: secondo certi modelli di cosmologia quantistica, l’universo prima della sua nascita era in realtà un “multiverso”, costituito da un numero sconfinato di universi paralleli coesistenti che si trovavano in stato di entanglement tra loro, cioè di interdipendenza. Allo stesso modo stanno in relazione le opere in mostra con le tappe di Londra (2011) e Berlino (2012) cosicché l'opera è l'imminente avvenire promesso in altri luoghi e in altri tempi, dove vi si poteva "veder venire il suo stesso avvenire [3]". Questo "contenuto di avvenire" di cui parla Derrida e che sarebbe una sorta di potere veggente dell'immagine stessa, nell'opera Odysseia si intreccia al discorso sulla stabilità dei sistemi: il Principio di Stabilità di Fechner parafrasa il Secondo Principio della Termodinamica postulando che un sistema deve continuare a mutare finché non raggiunga la completa stabilità [...] Fechner poneva in rapporto il suo principio di stabilità con le esperienze di piacere e di dolore. Asseriva che qualsiasi eccitazione psicofisica, dotata di energia sufficiente a superare la soglia della coscienza ed oltrepassare il livello dell'"indifferenza estetica" è investita di piacere nella misura in cui si approssimi alla completa stabilità, e di dolore quando ne devii [4]. Oggi la pluralità dell'immagine restituisce l'origine collettiva dell'impulso, quando ad azionare a coso gli interruttori che avrebbero acceso la luce uno o due o tre anni dopo, furono i visitatori di una mostra londinese. Odysseia è una sorta di cielo collettivo che ricorda la tradizione rinascimentale delle celebrazioni pittoriche ed astrologiche di personaggi potenti: il bisogno di scrivere la propria finita esistenza in un disegno cosmologico è eterno. Qui, al contrario, c'è una moltitudine umana a cui ricondurre simbolicamente un cielo, un'azione e delle informazioni. "Alea iacta est" (il dado è tratto), l'inizio dell'avventura si legga nella combinazione di meteoriti di Alea, l'ultima serie in mostra: in latino il termine indica sia la parola Caso sia la parola Dado: Silvia Iorio considera le meteoriti al pari di Dadi celesti, elementi del Caso lanciati nell'Universo: nella sua dimensione scultorea, la combinazione si da' alla vista con un'illusione ottica dove la non corrispondenza, appunto, tra il fenogramma (ciò che l'occhio percepisce in collaborazione col cervello) e l'ontogramma (l'oggetto nella sua realtà che la percezione non ricostruisce) chiude/apre ad infinitum. E uscendo si reciterà letteralmente e propriamente: ne abbiamo viste di tutti i colori!, luogo comune che si esclama spesso varcata la soglia di musei e gallerie e che denota la tendenza diffusa a vedere senza osservare: - Perché siamo diventati ciechi?-, -Non so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione-, -Vuoi che ti dica cosa penso?-, -Parla-, -Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono- [5].


1 Jean-Luc Nancy, Tre saggi sull'immagine, Cronopio, Napoli, 2002, pg. 35
2 Jacques Derrida, Memorie di cieco. L'autoritratto e altre rovine, Abscondita, Milano, 2003, pg. 29
3 op. cit.
4 Rudolf Arnheim, Entropia e Arte, Giulio Einaudi editore, Torino, 1974, pg. 61
5 Josè Saramago, Cecità, Feltrinelli, Milano, 2010, pg. 276